30/04 UDINE: NO ALLA SMART CITY E AL CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA

GIRIAMO QUESTA INIZIATIVA ALLO SPAZIO AUTOGESTITO DI VIA DE RUBEIS 43 A UDINE!

MARTEDÌ 30 APRILE – ORE 20.30
(dalle 19.30 buon cibo e beveraggi come autofinanziamento)
SPAZIO AUTOGESTITO
VIA DE RUBEIS, 43 a UDINE

incontro di approfondimento sulle smart control room e sulle
implicazioni di questi progetti discriminatori e repressivi di sorveglianza
di massa

Da marzo 2024, anche Udine, come Venezia, Trento, Bolzano, Milano e
altre città entra in una progettualità di smart city. Un videowall di
ultima generazione, una parete di 20 metri quadri composta da 12 monitor
che trasmette le immagini in costante aggiornamento che provengono dalle
telecamere di sorveglianza, che per mezzo di un software integrato da
algoritmi di intelligenza artificiale, incrocerà dati come ad esempio il
luogo, l’orario, il colore degli indumenti, i dettagli dei veicoli,
dalle immagini raccolte in diversi contesti dalle telecamere. Tutto ciò
nella Control Room del Comando di Polizia Locale di via Girardini a
Udine.
Questa sala operativa permette di incrociare i dati ottenuti tramite le
190 videocamere di sorveglianza poste sul territorio udinese, con un
totale di 496 obiettivi montati sulle telecamere stesse, cui andranno ad
aggiungersi altre 86 ottiche montate su 26 nuovi apparecchi di
videosorveglianza, che vanno sommati ai 18 dispositivi per il
riconoscimento delle targhe delle vetture, dislocati nei principali nodi
di traffico della città.
Nella realizzazione di queste politiche ultra tecnologiche di
sorveglianza di massa, l’ente locale non è solo, si avvale infatti della
collaborazione dell’Università di Udine – Dipartimento di Scienze
matematiche, informatiche e fisiche che sta lavorando a Progetti di
videosorveglianza predittiva con l’utilizzo dell’Intelligenza
Artificiale in partenariato con MD Systems, ditta leader nei sistemi di
sicurezza e sorveglianza.
Inoltre il Comune di Udine ha appena varato un Protocollo di sicurezza
partecipata che prevede un sistema gerarchizzato di delazione di
quartiere, in diretto contatto con le forze dell’ordine, atto a
distruggere ogni possibile forma di solidarietà spontanea tra vicini di
casa (e di classe sociale) per affrontare i problemi di vita di ognuno e
a potenziare la criminalizzazione della povertà e della diversità dai
canoni dominanti della società. La Regione FVG ha poi votato un nuovo
regolamento che permette l’acquisto di droni, videocamere e fototrappole
per contrastare l’immigrazione clandestina e il pericolo terrorismo e
blindare ulteriormente il confine italo-sloveno, ora che il trattato di
Schengen è sospeso. Questi dispositivi potranno essere acquistati anche
dalle forze dell’ordine non di frontiera e impiegati nelle città e nei
territori.

La smart city è un luogo che integra i sistemi fisici, digitali e umani
nelle reti e nei servizi tradizionali (ad esempio nei sistemi pubblici
di mobilità).
La prima ricaduta negativa sulla popolazione di questo modello urbano
riguarda la privacy e la sorveglianza.
Nell’ambiente della smart city, il sistema Internet delle cose – tra cui
sensori, telecamere e Wi-Fi – modifica in modo radicale la
consapevolezza situazionale e interferisce con la quotidianità delle
persone attraverso il controllo totale e la polizia predittiva. Negli
attuali scenari urbani la tecnologia non è una cosa a sé, ma è un
soggetto che regola l’ambiente in cui si vive e che viene presentato
come lo strumento necessario per la sicurezza, intesa come priorità in
uno stato di emergenza permanente. Oggi la necessità di “difesa”, viene
perseguita attraverso dispositivi di separazione e canalizzazione: le
persone, diventate utenti della città, possono essere filtrate in
funzione della legittimità riconosciuta alla loro presenza nel dato
luogo da securizzare. La NATO richiede il proprio coinvolgimento nelle
aree urbane in quanto “le città stanno diventando sempre più i bersagli
principali di attacchi militari, politici e terroristici e sono ambienti
di violenza e conflitto”. Molti investimenti nel settore della
digitalizzazione delle città italiane arrivano dal PNNR, che prevede lo
stanziamento di diversi miliardi di euro per la digitalizzazione e la
trasformazione di territori vulnerabili in smart city, attraverso il
recupero del ruolo dei Comuni e la promozione dei partenariati
pubblico-privati. La cooperazione su cui si basano le smart city, vede
infatti come soggetti gli enti territoriali regionali e locali, le
istituzioni culturali e accademiche, le grandi aziende, i cittadini e i
“city users”, cioè coloro che si recano in città per usufruire di un
servizio.

In questo scenario una città che si contraddistingue è Venezia, che ha
inaugurato una Smart Control Room nel settembre 2020, una vera e propria
torre di controllo che ha sede nella sede della polizia municipale al
Tronchetto, realizzata e gestita in collaborazione tra Comune, Venis
S.p.A., Polizia locale e TIM. La data di nascita della Smart Control
Room veneziana non è casuale, il 2020 infatti è l’anno in cui la
gestione dell’emergenza Covid -19 criminalizza l’idea di folla e dà
inizio ad un disciplinamento di massa attraverso dispositivi di
controllo e identificazione che permettono spostamenti e accessi solo
alle persone in possesso del Green Pass. Non troppo dissimile è il
funzionamento del nuovo contributo d’accesso necessario per visitare
Venezia, previsto per aprile 2024.

CINE-TFQ-FORUM – MERCOLEDì 17/04

In Smoke Sauna Sisterhood si parla di un rito ancestrale, catartico, un processo di purificazione del corpo e dell’anima. Donne di diverse generazioni si raccolgono in uno spazio sicuro per dar vita a questo rituale della tradizione estone, durante il quale avvengono confessioni su argomenti delicati e tabù, come aborti, stupri, violenze, ma anche esperienze liberatorie di rivalsa e autodeterminazione. Non c’è vittimismo anzi, un sacco di potenza che scaturisce dalla condivisione di esperienze individuali, che diventano cura collettiva. Le voci di queste donne, i loro corpi, lontani dalla normatività patinata, cui ci hanno abituatx i grandi schermi, ci accompagnano attraverso questo rito, sì corporeo, ma che fa “espellere” i dolori dell’anima e i veleni dell’opressione patriarcale generando infine una forza liberatrice.

Questa storia ci racconta uno spazio separato ed è così che abbiamo voluto organizzare questa serata. 
L’ iniziativa è quindi aperta a donne, lesbiche, persone trans* e non binarie.
Dopo la visione, chiacchiere circolari in libertà su questo documentario e sul significato del separatismo non solo come spazio sicuro o di cura, ma anche come uno degli strumenti a disposizione che, chi è oppressx in seno ad un sistema, si dà per smantellarlo.
Infine se avremo voglia e necessità faremo un piccolo rito collettivo di decompressione.
Vi aspettiamo alle 19.30 per un apericena vegan di autofinanziamento e a seguire (indicativamente un’oretta dopo) proeizione del documentario di Anna Hints.
Lab. TFQ
Ps: Confidiamo nella comprensione, da parte delle persone alleate (che non si riconoscono nella definizione di donne, lesbiche, persone trans* e non binarie) della necessità che abbiamo di questi spazi e di momenti di cura e potenziamento per noi, come soggetti oppressx dall l’etero-cis-patriarcato. Non sempre e non tutto deve essere un momento di educazione per chi si trova in un posizionamento di privilegio sistemico (volente o nolente).
Il separatismo non è uno strumento CONTRO qualcunx, ma uno strumento A FAVORE DI qualcunx. L’alleanza la percepiamo a cominciare da chi riesce a comprendere le nostre necessità e fa un passo indietro.
Grazie